La Rete Educatrici
ed Educatori di Bologna nasce all’inizio del 2015 da un episodio specifico: il
comune appalta i servizi socio-educativi ad una cooperativa che offre un
ribasso dell'11%, e che si ritira dopo essersi aggiudicata l’appalto. Il
servizio viene così riassegnato d’urgenza all'ATI che già lo gestiva, con un
ribasso del 6% rispetto al bando precedente. La manovra ha avuto conseguenze
sulla qualità e continuità dei servizi, incentivando un’ulteriore
precarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti. Di fronte a
questo evento, abbiamo sentito la spontanea necessità di generare aggregazione
al fine di sottrarci all’invisibilità e all’isolamento a cui il nostro lavoro
ci sottopone.
Lavoriamo
inseriti in un sistema di cooperative sociali che, garantendosi gli appalti,
operano come agenzie di intermediazione del lavoro pubblico, comprimono al
massimo i costi del lavoro stesso, frammentandolo e individualizzandolo. Su
questa funzione sociale il sistema trae profitto, e produce sfruttamento.
Abbiamo un ruolo
fondamentale per la società, svolgiamo una funzione di pubblica utilità, ma siamo stretti in una
morsa di privatizzazioni,
sfruttati, messi in concorrenza tra noi, e i nostri contratti sono sempre più
precari. Sono la dedizione e la competenza
delle operatrici e degli operatori a reggere i colpi accusati dal settore, da
anni vittima di continui tagli.
Stanche e stanchi di vedere il nostro lavoro sempre più
denigrato, rifiutiamo il ricatto della paura, alimentato dalla
precarietà, ci opponiamo all'infamia delle condizioni di lavoro a cui siamo
obbligati. Ci appelliamo alle operatrici e agli operatori del sociale per
rivendicare insieme migliori condizioni di lavoro e di salario, un'etica gestione
dei servizi. Indipendenti da strutture politiche e sindacali, ci opponiamo
insieme alle comuni condizioni di frustrazione da precarietà.
Costituiamo
questo movimento per esercitare una responsabilità collettiva. La solidarietà di categoria e le rivendicazioni
condivise sono i valori fondanti della rete. Indiciamo un’assemblea
pubblica permanente rivolgendoci a colleghi operanti in ogni contesto:
scolastico, educativa domiciliare e di strada, comunità, disabilità, centri
d’aggregazione, centri giovanili, socio-educativo, cura della persona.
VALORI, RIVENDICAZIONI E PROPOSTE
La rete nasce per
supportare una duplice funzione:
rivendicare
diritti, a fronte della precarietà lavorativa, ai contratti inadeguati e ai
salari miserabili;
salvaguardare e
rilanciare criticamente l'utilità sociale del nostro ruolo, garantendo la
qualità di servizi che influenzano la vita delle persone più vulnerabili di cui
ci occupiamo.
-Crediamo nell'importanza del nostro lavoro
perché saldiamo le basi per una società migliore, che sostenga la
crescita e la progettualità della persona, che costruisca inclusione e
relazioni, cura e ben-essere, partecipazione, reti sociali, protagonismo dal
basso. L'abilità
nell'intervento sociale, nella relazione educativa, nelle pratiche di assistenza
e di riabilitazione sono patrimonio degli operatori.
-Crediamo nel lavoro d'equipe. Vogliamo
tempo, strumenti e risorse economiche per riappropriarci del nostro lavoro e
progettarlo in modo efficace, autonomo e condiviso, perché il nostro territorio torni a essere
un modello.
-Respingiamo le pratiche di precarizzazione e
privatizzazione, vogliamo che le prestazioni erogate ai nostri utenti
continuino a essere diritti soddisfatti, non strumenti di profitto.
-Rifiutiamo lo strumento della gara
d'appalto perché impedisce la continuità dei progetti e la programmazione
degli interventi di medio-lungo periodo; le ristrettezze economiche
dell’amministrazione non si devono ripercuotere sistematicamente sul welfare, da
sempre fiore all’occhiello del nostro territorio, perché di tale prestigio non
debbano restare che le macerie.
-Combattiamo il principio concorrenziale
basato su criteri economici. Nella gestione dei servizi a livello
istituzionale, la logica economica sottostante il principio della concorrenza
ha come unico obiettivo il taglio delle risorse, sempre a spese dei lavoratori
e delle lavoratrici.
-Ci opponiamo alle politiche di austerità e
proponiamo di procedere ad un rifinanziamento dei servizi di welfare. Le
riforme del mondo del lavoro (Jobs act) e del terzo settore (Civil act) puntano
a formare schiere di sfruttati, sotto forma di tirocinanti e lavoratori
volontari, senza alcuna possibilità di raggiungere continuità di reddito e
potere di contrattazione sindacale. La retorica della sussidiarietà ci è
nemica, demolisce diritti e stato sociale garantendo i poteri forti. Il lavoro,
qualunque sia la forma con cui viene erogato, deve essere retribuito.
-Lottiamo per aumentare le nostre tutele
contrattuali: chiediamo continuità di reddito. La flessibilità
strutturale dei servizi non può essere scaricata sulle nostre condizioni di
vita utilizzate come irrilevanti variabili, dipendenti dei costi di gestione. Il
nostro lavoro ha subito, negli ultimi decenni, un radicale declassamento e
impoverimento. Appoggiamo attivamente le realtà che lottano per l'innalzamento dei livelli di salario e
per il riconoscimento della parità di salario a parità di mansione.
- Vogliamo un nuovo e migliore contratto collettivo
nazionale. Aderiamo alla “Piattaforma” della
Rete Nazionale Operatrici e Operatori Sociali al fine di contestare
efficacemente le politiche che negli ultimi anni hanno attaccato il Welfare e
per difendere la dignità, la stabilità, la professionalità, i diritti e il
senso del nostro lavoro. Per questo sosteniamo
la costruzione di reti di mobilitazione per il superamento del quadro normativo
attuale.
-Evidenziamo la
necessità di realizzare ore di programmazione e formazione economicamente
retribuite e inserite nel monte ore poiché garantiamo
servizi la cui qualità è attualmente salvaguardata da un volontariato sommerso
praticato quotidianamente da lavoratrici e lavoratori. Schiacciare il
nostro lavoro sulle sole ore frontali impoverisce la qualità dell’intervento e
genera lavoro non retribuito. Il nostro lavoro inevitabilmente richiede
programmazione, progettazione e valutazione dell'intervento.
-Chiediamo il riconoscimento dei titoli per le educatrici
e gli educatori che sono sprovvisti di quelli ufficialmente richiesti.
Promuoviamo il superamento dell'individualizzazione dell'intervento, contro la
frammentazione salariale e contrattuale delle nostre mansioni e per il riconoscimento e la valorizzazione dell’esperienza maturata nei ruoli e nei
servizi. Ci opponiamo alla corsa alla certificazione delle
competenze perché sappiamo che non è altro che uno strumento per dividerci e
indebolirci.
-Ogni bando è il nostro bando, ogni appalto è
il nostro appalto. Chiediamo
all'amministrazione l'apertura di una sperimentazione tecnica, politica e
sociale rispetto alla progettazione e alla gestione dei servizi. Auspichiamo che siano preminenti i criteri
di qualità del servizio e di tutela del lavoro. Desideriamo offrire le
nostre linee guida e proporci come parte attiva nella redazione dei bandi
stessi.
-Proponiamo un coinvolgimento
attivo di coloro che vengono impropriamente chiamati utenti e delle loro
famiglie nei nostri percorsi, perché vogliamo uscire da una logica
dell'assistenza e dell'emergenza, e anche perché le condizioni di vita fra
coloro che operano nei servizi e coloro che ne usufruiscono si fanno sempre
meno distanti: le sempre minori risorse ci costringono a ridurre il nostro
intervento alle emergenze senza poter più dare spazio ad alcun tipo di
progettualità, e a vedere le nostre stesse vite ridotte all'emergenza.
-Ci costituiamo come assemblea permanente
di mobilitazione al fine di individuare e perseguire rivendicazioni e
percorsi per tutelare i nostri diritti e trasformare le nostre condizioni di
lavoro.
Chiediamo sostegno a chiunque
condivida l'esigenza di abbattere i criteri che regolano l'attuale politica dei
servizi sociali, estendiamo la
mobilitazione a tutte le figure coinvolte; chiediamo il supporto dei cittadini
tutti, della nostra utenza, dei genitori, delle famiglie, degli insegnanti,
degli studenti, dei sindacati, dell’Università.
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